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ALLERGIA ALIMENTARE
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Allergie
E'
causata da problemi legati al metabolismo ma anche da carenze di enzimi e
da agenti tossici esterni. Vediamo insieme come si manifesta, quali sono
gli alimenti più a rischio e come prevenirla.
Che
cos’è l’allergia alimentare?
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Per allergia alimentare si
intende una risposta anomala del sistema immunitario,
scatenata dal contatto con un cibo che comunemente viene assunto
senza problemi.
Nel linguaggio quotidiano utilizziamo
spesso la parola “allergia” per indicare una più generica
intolleranza agli alimenti.
Qualche volta è effettivamente causata
da una reazione allergica, ma in altri casi è causata
da disturbi del metabolismo organico, a carenze
di enzimi intestinali, oppure a effetti tossici
dell’alimento (perché l’alimento è tossico o perché
sono presenti tossine causate dalla cattiva conservazione) o
infine ad idiosincrasia (reazione anormale in
relazione alla quantità di cibo, di additivo alimentare).
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Quali
alimenti scatenano più frequentemente l’allergia?
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Potenzialmente qualunque
alimento è in grado di indurre allergia.
Se il bambino
nasce con una forte predisposizione familiare allergica, le
proteine contenute negli alimenti più frequentemente assunti
dalla mamma che allatta o dal bambino con le pappe (come per es.
il latte di mucca, le uova, il pesce, il pomodoro, il grano, etc.)
possono sensibilizzare il bambino e provocare reazioni allergiche.
Le
proteine del latte vaccino, sono le prime ad essere in
causa, in quanto le formule artificiali che sostituiscono il latte
materno sono a base di latte di mucca.
In seguito,
numerosi altri alimenti possono causare allergia. I più
frequentemente in causa sono l’uovo, il grano,
la soia e con la crescita anche il pesce
(merluzzo, trota, sogliola,) ed alcuni tipi di frutta
secca (noce brasiliana, mandorle, nocciole,
arachidi,…).
L’80% dei
bambini non sviluppa allergia a più di due alimenti
contemporaneamente.
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Come
si manifesta l’allergia alimentare?
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Nella maggior parte dei casi le reazioni
sono immediate: da pochi minuti a due ore circa dal pasto che
contiene le proteine allergizzanti.
Le prime manifestazioni di allergia alimentare
sono quelle a carico dell’apparato digerente:
vomito, dolori addominali o scariche diarroiche che compaiono dopo
l’assunzione di un cibo come latte di mucca o uovo, fanno
sorgere il sospetto di allergia alimentare.
È bene sottolineare, tuttavia, che questi sintomi non sono
affatto specifici: molto spesso dipendono da altre malattie
gastrointestinali come la gastroenterite acuta infettiva o altre
infiammazioni intestinali.
Tra le manifestazioni cutanee
di allergia alimentare, la dermatite atopica del primo anno di
vita può essere aggravata da una ipersensibilità allergica agli
alimenti. Anche in questo caso, l’osservazione della mamma ha un
ruolo estremamente importante nella valutazione clinica: come
pensare, ad esempio, che qualche alimento sia la causa della
dermatite se la pelle migliora e diventa quasi normale al mare –
come spesso accade - sebbene il bambino continui a mangiare più o
meno gli stessi alimenti?
È bene invece pensare ad una allergia
alimentare quando l’eczema compare o si aggrava quando
il bambino assume un determinato cibo. Nel dubbio, sarà
comunque opportuno ricorrere ai test diagnostici (vedi oltre).
L’orticaria (e l’angioedema), a differenza di quanto
comunemente si pensa, è causata da allergia ai cibi in meno del
5% dei casi.
Talvolta – ma si tratta di eventualità ben poco frequenti - la
rinite e l’asma bronchiale possono essere causate da allergia
alimentare.
Il sintomo più temibile è lo shock
anafilattico che è una reazione generalizzata causata
dal contatto con l’alimento a cui il bambino è allergico.
Fortunatamente il pallore e la riduzione della pressione sono
preceduti da manifestazioni cutanee come orticaria/angioedema,
rinite, asma bronchiale, spasmo laringeo. Ma se non si interviene
prontamente con un adeguato trattamento salvavita, il collasso
cardio-circolatorio può aggravarsi e talvolta condurre al
decesso.
Vedi:
Shock
anafilattico
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Come
si fa la diagnosi di allergia alimentare?
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La diagnosi si basa anzitutto su di una storia
clinica accurata (la familiarità, una descrizione
accurata dei sintomi, l’intervallo tra assunzione
dell’alimento e la comparsa di segni clinici) e su di un
altrettanto accurato esame obiettivo del bambino.
Per confermare il sospetto di allergia nei
confronti dell’alimento considerato, la prima cosa da fare è
quella di praticare le prove cutanee con il metodo della
puntura della pelle con lancetta (prick test).
Il test consiste nel apporre sulla pelle del braccio l’alimento
o un estratto da esso derivato e pungere la pelle con una punta
che ha precedentemente attraversato la sostanza da esaminare.
Quando il sospetto diagnostico cade su
alimenti come frutta e verdura, per il test cutaneo è preferibile
utilizzare gli alimenti freschi mediante il cosiddetto “prick
by prick”. Nessun altro accertamento ha un valore
affidabile per la diagnosi di allergia alimentare.
Vedi: Test
allergometrici
Solo nel caso di situazioni che
impediscono l’esecuzione delle prove cutanee (pelle molto
irritata o molto reattiva o nel caso in cui non si possa
sospendere la terapia con antistaminici che interferisce con il
risultato delle reazioni cutanee) può essere opportuno ricorrere alla
ricerca nel siero, con tecniche opportune come il RAST,
di anticorpi IgE specifici per gli allergeni che si sospettano
come causa dei sintomi allergici.
È molto importante tener sempre presente
che né i prick test né i RAST permettono di
diagnosticare un’allergia alimentare. Hanno soltanto un
valore orientativo e aiutano, con la storia clinica (quel che la
mamma ricorda) e con l’esame obiettivo (la visita), a formulare
la dieta di esclusione ed a scegliere gli alimenti che verranno
utilizzati nel test di scatenamento.
Moltissimi bambini hanno prick test e RAST positivi per le
proteine del latte, dell’uovo o per molti altri alimenti eppure
non soffrono di alcuna forma di allergia.
Uno degli errori più comuni e più dannosi consiste
proprio nel considerare il bambino “malato” soltanto perché
ha i prick test o i RAST positivi per qualche alimento!
La prova decisiva per
dimostrare che l’alimento è effettivamente la causa dei
sintomi, è la sua esclusione dalla dieta: la dieta
di eliminazione di uno o più cibi viene praticata per un massimo
di 2-3 settimane.
Al termine di questo periodo, se i sintomi sono ancora presenti
dobbiamo necessariamente concludere che gli alimenti “esclusi”
non hanno nulla a che vedere con i disturbi che stiamo cercando di
diagnosticare.
Occorrerà quindi modificare la dieta di esclusione oppure cercare
una causa non alimentare dei disturbi.
Se invece i sintomi sono scomparsi o si
sono di molto attenuati dovrà essere nuovamente introdotto
l’alimento (test di scatenamento) in un
ambiente ospedaliero adeguatamente attrezzato: se i sintomi
ricompaiono, avremo la prova inequivocabile della intolleranza
alimentare.
Pertanto il ruolo causale dell’alimento va
sempre verificato con la dieta di esclusione ed il successivo
scatenamento: spesso i disturbi di cui stiamo cercando la
causa sono capricciosi e dobbiamo sempre sospettare che siano
migliorati soltanto per caso e non grazie alla dieta di
esclusione, di qui la necessità del test di scatenamento.
Comunque, le diete di esclusione
non vanno mai prolungate per più di due-tre settimane:
se il test di scatenamento dimostra che i disturbi sono causati da
un determinato alimento, l’alimento andrà eliminato dalla
dieta; se invece il test di scatenamento dimostra che gli alimenti
“sospetti” non provocano reazioni, il bambino potrà
ricominciare a mangiare normalmente tutti cibi.
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Come
si cura l’allergia alimentare?
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Quando la diagnosi è certa, la terapia
dell’allergia alimentare consiste semplicemente nell’esclusione
dalla dieta dell’alimento che causa l’allergia. Se la
dieta terapeutica deve essere protratta per un lungo periodo è
opportuno integrarla con i nutrimenti che vengono a mancare come
calcio, ferro o altri, a giudizio del Medico curante.
Le diete di esclusione vanno
prescritte dall’allergologo pediatra.
Nel primo anno di vita, quando
l’alimentazione è incentrata sull’allattamento al seno o
sull’impiego di latti di mucca formulati, si può ricorrere a
formule a base di soia oppure a prodotti dietetici per
l’infanzia a base di proteine del latte vaccino sottoposte a
processi di digestione enzimatica (formule idrolisate di
sieroproteine o della caseina) che riducono la reattività
allergica (i cosiddetti “idrolisati spinti”) oppure ancora ad
alimenti costituiti da miscele di aminoacidi, i componenti
elementari delle proteine.
È bene tenere presente che le manipolazioni effettuate per
renderli meno allergizzanti riducono notevolmente l’appetibilità
di questi alimenti ed il loro sapore sgradevole li rende male
accetti dal bambino. Le formule a base di proteine della
soia arricchite con minerali, vitamine, aminoacidi e
calcio permettono una nutrizione equilibrata analoga a quella dei
normali latti in polvere.
Non bisogna mai dimenticare che la dieta
è un aspetto importante della vita del bambino e che una dieta di
esclusione, di per sé psicologicamente onerosa, può rendere
difficile anche la sua vita di relazione (frequenza dell’asilo
nido o della scuola materna, partecipazione alle festicciole e
alla vita sociale dei coetanei). Ed è bene tenere presente che
per la diagnosi di allergia è importante procedere con grande
rigore e senza concedere eccezione alcuna durante la dieta di
esclusione seguita entro due-tre settimane dal test di
provocazione.
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E
se il bambino assume inavvertitamente l’alimento allergizzante?
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I sintomi
provocati da un’involontaria assunzione del cibo allergizzante
vanno curati in base ai sintomi che si manifestano.
Se compaiono vari disturbi (per es. orticaria, gonfiore, rinite,
spasmo bronchiale e/o laringeo) vi è un forte rischio che il
bambino vada incontro a shock anafilattico e si deve quindi ricorrere
prontamente alla terapia di emergenza (adrenalina
con siringa autoiniettante, antistaminico e cortisone ev)
Vedi:
Shock
anafilattico
Proprio per far
fronte al rischio di una ingestione accidentale, è necessario che
i genitori dei bambini con allergia alimentare grave portino
sempre con sé una siringa autoiniettante di adrenalina. Ai primi
sintomi “sospetti” come prurito associato a orticaria,
gonfiore al viso, tosse, difficoltà a respirare, pallore, praticheranno
subito l’iniezione di adrenalina che è di gran lunga
il farmaco più utile e che va somministrato urgentemente; gli
antistaminici e il cortisone sono altrettanto utili ma possono
venire somministrato in seguito, quando il bambino verrà
accompagnato dai genitori in Pronto Soccorso.
Il
farmaco da somministrare subito, con urgenza,
è l’adrenalina.
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Possiamo
prevenire l’allergia alimentare?
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In realtà
possiamo fare ben poco per prevenire l’allergia alimentare.
Le malattie allergiche sono malattie a carattere genetico, legate
a vari fattori ereditari e ambientali.
La loro comparsa
è indipendente da quello che può mangiare la mamma durante la
gravidanza o mentre allatta. L’esclusione dalla sua dieta di
alimenti importanti come latte, uovo, grano non previene la
comparsa di allergie!
Si possono
suggerire solo alcune misure che hanno più la caratteristica del
buon senso che della sicura efficacia:
-
allattare
al seno (senza restrizioni dietetiche!) è utile sia
per il normale nutrimento del lattante sia per l’aiuto che
può offrire nei confronti delle infezioni in questi primi
mesi di vita in cui le difese immunitarie sono ancora deboli;
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evitare
di fumare in gravidanza e durante l’allattamento o a
contatto del bambino perché è dimostrato che il
fumo può addirittura scatenare le allergie;
-
è
bene che gli animali domestici non soggiornino nelle stanze
frequentate dal bambino;
-
arieggiare
quotidianamente la stanza del bambino per ridurre
l’umidità in quanto i locali domestici umidi creano un
ambiente favorevole per gli allergeni presenti in casa.
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